LA MIA PRIMA SERATA ROMANA

Ho visto
Un fiore bagnato, grande e caldo come il Sole,
Dei pesci rossi tra le alghe,
Delle formiche con gli occhi neri, preoccupate
Ma chiare nonostante
E degli platani umidi quanto i cavalli lì davanti
E una donna
Con le mani sui fianchi
E un cesto sulla testa
E un’altra, alla fermata autobus:
Così triste che
Se la toccassi, si metterebbe a piangere

Mi sono trovato
Circondato da vetri splendenti
Che parlavano ad alta voce, tutti insieme
Era una serata d’aprile,
Stava piovendo:
Ogni goccia che cadeva
Aveva i piedi nudi
Che camminavano
Attraverso la mia prima serata romana
E il primo ombrellone della mia vita

L’ombrellone si era invecchiato
Me l’aveva dato un comunista italiano,
Biondo, col cuore a sinistra
Ed eravamo felici
Io e il mio ombrellone
E la città di Roma
Era un muro bagnato
Ornato solo
Dall’affissione della nostra manifestazione,
La manifestazione comunista

– Nâzım Hikmet Ran

MI SONO INCATENATO ALLA TUA MANCANZA

Poter raccontare te
Alla brava gente, agli eroi
Poter raccontare te
Al traditore, al mascalzone,
E alla menzogna cagna

Per quante albe consecutive
Hanno dormito i lupi, gli uccelli e i prigionieri
Ma oltre le mura c’è sempre stato
Un mondo che correva come un fiume
E io non ho dormito
E non ho mai saputo
Per quante primavere notturne
Mi sono incatenato alla tua mancanza
Sognando di adornare i tuoi capelli
Con le rose del sangue

Ah! Poter gridare il tuo nome
Ai pozzi infiniti,
Alla cometa che cade,
Alle onde più solitarie nel mare
Che finiscono sempre
Come una candela nel vento

I talismani perduti degli amori passati,
I baci perduti,
Non hanno nessun valore
Nella vetta della notte

Ah! Se potessi raccontare te
Al mio ultimo bicchiere,
Alla mia ultima sigaretta

E la tua mancanza
È un altro nome per l’Inferno
Mi sento freddo
Non chiudere gli occhi!

– Ahmed Ârif

CERCASI APPRENDISTA

L’artigianato è il dovere della mano, Maestro,
Come il dolore è il dovere del cuore
Da buon allievo sollevo bestemmiando:
La morte fa parte del mestiere, Maestro?

L’esilio è il dovere della libertà, Maestro,
Come la brama è il dovere dell’anima
Da spirito sperduto rimpiango invano:
L’amore fa parte del mestiere, Maestro?

– Refik Durbaş

BENVENUTO, BAMBINO!

Benvenuto bambino,
È il tuo turno di vivere!
Sappi che ti aspettano
La difterite, la pertosse, il vaiolo, la peste,
la crisi cardiaca, il cancro et cetera

Benvenuto bambino,
È il tuo turno di vivere!
Sappi che ti aspettano
La disoccupazione, la fame, il colpo del manganello, la reclusione,
l’amore, l’ubriachezza et cetera

Benvenuto bambino,
È il tuo turno di vivere!
Sappi che ti aspettano
Il socialismo,
il comunismo et cetera

– Nâzım Hikmet Ran

MARE NOSTRUM

Can Yücel

Se la Rivoluzione è la pista più lunga anche in Turchia,
Lui ha percorso i 100 metri più belli di essa
Era più veloce di tutti noi
Ed è arrivato primo,
Partendo dalla canna della pistola più precisa…

Guai a me se ti compatisco,
Ma non mi evito di dire:
Che tu sia sempre amato, ragazzo!

– Can Yücel

* Il titolo è un riferimento al martire comunista turco, Deniz Gezmiş, in quanto “deniz” significa “mare” in turco.

LA CANZONE DELL’IMMIGRATO

Adnan Yücel

Tu che lasci le terre di oscurità
E mi porti l’orizzonte e il sole,
Tu che bruci i laghi di sangue e polvere
E mi porti la rabbia e la speranza,
Tu, Rosa mia,
Vieni con noi!

Quando la pioggia diventa un diluvio
Rompi le rive del fiume,
E quando la battaglia s’avvicina
Innamorati della giustizia,
Tu, Rosa mia,
Vieni con noi!

Finchè le piazze non sono nostre
Manifestati nelle città e nelle campagne
E non pensare mai a cadere
Mentre ti gridano le segrete:
Tu, Rosa mia,
Lotta con noi!

Lotta,
Che si illuminino le notti!
Lotta,
Che conquistiamo il nostro futuro!

– Adnan Yücel

LA CANZONE DEL CARCERE

Adsız

Non inchinarsi mai,
Sii forte, o cuor mio!
Che non ti sentano piangere
Sii forte, o cuor mio!

Mentre le ventate furiose aldilà
Scuotono le mura del buio
Tu ascolta, e continua a battere!
Sii forte, o cuor mio!

Anche se non si vede il mare
Non rivolgersi alle reminiscenze
È azzurro anche il cielo
Sii forte, o cuor mio!

E quando le memorie ti infestano,
Tu bestemmia, guardando all’abisso!
Pensa ai giorni equi del futuro
Sii forte, o cuor mio!

– Sabahattin Ali

STAZIONE TELEGRAFICA

Melih Cevdet Anday

Non dormirai
L’oppressione nel tuo paese
Ti sveglierà con i rimbombi
Ti metterai a scrivere
Perché non sei quello che eri
Ora sei come una stazione telegrafica in solitudine
Prenderai le voci deboli
E le trasmetterai più forte
Non riuscirai a dormire
Prima che liberi il tuo paese
E il mondo diventi più giusto
Come si può dormire in queste condizioni?
Non dormirai
Finché non si veda l’alba
Scriverai manifestamente
Non dormirai, mai.

– Melih Cevdet Anday

LA VITA E LA COSCIENZA

Fakir Baykurt

“Si realizza il riconoscimento della vita a livello subcosciente attraverso lo sviluppo della coscienza con l’esperienza. Nell’ambito di tale sviluppo, infatti, lo scrittore configura la vita e decide su come applicarla. Per questo i disastri sociali, oltre i motivi politici, vengono romanzati più o meno dieci anni dopo. In sitensi, non si può dire che il romanzo è il prodotto di una rivelazione istantanea, anzi è l’accumulo concreto della vita stessa.”

– Fakir Baykurt

TU

Nâzım II

Sei la mia schiavitù e la mia libertà
Sei la mia carne che brucia
Come le carni nude delle notti d’estate
TU sei la mia Patria

TU, coi riflessi verdi nei tuoi occhi
TU, alta, bella e vittoriosa
Sei il mio sacro ricordo
Che diventa più inaccessibile
Con ogni momento che passa

– Nâzım Hikmet Ran